Il cacciatore di orchi
di Rosella Quattrocchi –
Chiara è un’assistente sociale. Incontrare persone, ascoltarne le storie, toccarne le sofferenze e la solitudine sono gli ingredienti di ciascuna giornata della sua vita, che dedica con passione al lavoro.
Matteo è un bambino che sta diventando ragazzo. Sta per iniziare la scuola media e vive questo cambiamento con preoccupazione perché è schiacciato da un segreto che non può e non riesce a raccontare a nessuno. Nemmeno sua madre può diventare la sua confidente perché è una donna segnata dal dolore dell’abbandono e della solitudine e a Matteo sembra che le cose spiacevoli non arrivino alle sue orecchie, ma si fermino prima. Quindi stringe gli occhi sperando che il suo incubo si dissolva e sognando di diventare un poliziotto per avere la pistola e vincere “l’orco”.
Le vite di Chiara e Matteo scorrono parallele, fino a quando il bambino non riuscirà più ad aspettare di diventare un “cacciatore di orchi” per ottenere la giustizia che merita, ma il “cacciatore di orchi”, piuttosto, lo incontrerà: metterà la mano nella sua e cammineranno insieme lungo la strada che porterà Matteo a essere libero. A essere un bambino.
Il cacciatore di orchi è una storia forte che affronta tematiche scomode in modo rispettoso e delicato. Alterna le due voci, di Chiara e di Matteo, a cui corrispondono due punti di vista su un’unica vicenda. A contornare queste due voci, ci sono poi varie altre storie che incrociano la vita professionale e personale di Chiara e che accompagneranno il lettore in altrettanti mondi e relative tematiche: Bilel, Marmitta, Paolini…
Il punto forte di questo romanzo – che verte sul coinvolgimento di animi più che sui fatti in sé e per sé – sta nella sua capacità di mescolare sapientemente forme emotive diverse portate avanti in parallelo con estremo equilibrio, stile diretto e una spiccata sensibilità.
Rosella Quattrocchi
Qualche curiosità biografica
Sono assistente sociale da una ventina d’anni e scrittrice da una decina (anche se fino a un anno fa lo sapevo solo io, poi un editore se n’è accorto e da un paio di mesi il mio primo romanzo è in libreria). Come mai un romanzo? Che poi non è stata una passeggiata, ma un cammino di anni. Hai presente come si sentirebbe un medico se un suo paziente andasse da lui solo in punto di morte e gli dicesse di non esserci andato prima, né quando sentiva i primi sintomi, né quando il dolore era continuo e acuto, per…paura di ciò che il medico avrebbe fatto? Ecco, io mi sono sentita più o meno così quando ho iniziato a svolgere la mia professione, notoriamente chiamata professione d’aiuto, a cui mi ero approcciata col desiderio di lavorare con e per le persone e mi sono accorta che tante persone avevano timore a venire da me. Si va dall’assistente sociale solo se costretti o se non si sa più dove sbattere la testa. Ho sentito quindi il desiderio e il bisogno di far conoscere meglio questa professione e chi la svolge. Far toccare con mano le motivazioni, la passione, la grande volontà di chi lavora nel sociale, nella consapevolezza che la ricchezza e la varietà di storie che incontra siano racconti coinvolgenti e toccanti, che possono appassionare il lettore. Ci sono riuscita? Mah, tocca a voi dirlo. Anche perché: io l’ho scritto, l’editore “Il Ciliegio” lo ha pubblicato, il distributore lo ha fatto arrivare in libreria e nei digital stores, ma…quanto vivrà dipende solo da quanti lettori incontrerà!
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