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Elias Portolu

di Grazia Deledda
Dallo scorso anno sto seguendo un gruppo di lettura in cui ogni mese viene proposta la lettura di un’opera scritta da un autore che ha vinto il premio Nobel per la letteratura. Questo mese si è deciso per Grazia Deledda. Nata a Nuoro il 27 settembre 1871, pur non completando gli studi (la sua “carriera scolastica” è stata interrotta al quarto anno delle elementari), Grazia è molto portata per la scrittura. Riesce a pubblicare racconti già da giovanissima: ne è un esempio “Sulla montagna“, pubblicato sul settimanale illustrato romano “Paradiso dei bambini” nel 1888.
Nel 1926 riceve il premio Nobel “per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi” ed è stata la prima ed unica donna italiana a vincere questo premio. Tra i suoi romanzi più famosi troviamo “Cenere“, “Canne al vento” (di cui vi parlerò a lettura ultimata), “La madre“, “La via del male” ed “Elias Portolu“, di cui vi espongo le mie impressioni.
Elias Portolu è proprio il nome del protagonista, che dopo un periodo di detenzione nel continente ritorna alla sua terra natia; viene accolto calorosamente da amici e parenti che non mancano di augurargli “tra cent’anni un’altra disgrazia come questa“. Il protagonista viene delineato come un ragazzo sensibile, delicato, sia a livello fisico che caratteriale; gli stessi parenti lo considerano quasi come una femminuccia e il periodo in carcere, anziché farlo maturare, non ha fatto altro che amplificare queste sue “debolezze”. Ciononostante, in lui è forte il desiderio di cambiare vita, di migliorarsi, dedicandosi al lavoro all’ovile e alla famiglia. Ma, un po’ come accade nei romanzi veristi (per esempio, i Malavoglia), la cattiva sorte è dietro l’angolo. Alla festa in suo onore Elias conosce Maddalena, la promessa sposa del fratello Pietro. Elias proverà con tutto se stesso a sfuggire all’attrazione che prova per la ragazza, ma ogni suo sforzo per annullare questo sentimento sbagliato risulterà vano; in seguito scoprirà di essere ricambiato dalla cognata, ma, quasi a punirli per questa relazione sbagliata, la tragedia è dietro l’angolo. L’impronta verista si sente molto, nonostante non sia un romanzo appartenente alla corrente letteraria; ho apprezzato molto sia il modo in cui la scrittrice ha caratterizzato il personaggio, sottolineando sapientemente le differenze con gli altri uomini della famiglia Portolu e le descrizioni dell’ambiente rurale tipico della Sardegna.
Non c’è che dire, un romanzo decisamente ben scritto, dal forte impatto per chi lo legge e che trasporta il lettore direttamente nella storia. 
Un Nobel più che meritato!
Alla prossima lettura!

Anna Rita Coluccia

Elias Portolu
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"Se vogliamo conoscere il senso dell'esistenza, dobbiamo aprire un libro" Collaboratrice di Booklandia