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Un incantevole aprile

di Elizabeth von Arnim, traduzione di Sabina Terziani –

Tutto ebbe inizio in un club per signore di Londra, un pomeriggio di febbraio — il club era modesto e il pomeriggio deprimente —, quando Mrs Wilkins, giunta da Hampstead per fare acquisti, dopo aver pranzato al club di cui faceva parte prese il Times da un tavolo della sala fumatori e, scorrendo con occhio distratto la colonna degli annunci personali, vide questo annuncio: «Per gli amanti del glicine e del sole. Piccolo castello medievale italiano sulle coste del Mediterraneo affittasi ammobiliato per il mese di aprile. Servitù inclusa. C.P. 1000, “The Times”»

Dalle brumose atmosfere dell’inverno londinese all’esplosione di colori e profumi della primavera mediterranea il passo è breve: sarà sufficiente rispondere a un annuncio sul giornale per prendere in affitto un intero castello medievale su un promontorio a picco sul mar ligure e sarà proprio quello che faranno le protagoniste di questo godibile breve romanzo di Elizabeth von Arnim, pseudonimo di Mary Annette Beauchamp, scrittrice australiana ma residente in diverse parti d’Europa e infine negli Stati Uniti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Il romanzo, costellato di numerosi spunti autobiografici, come è nello stile dell’autrice, racconta di una vacanza che un gruppo di quattro signore londinesi che per carattere ed estrazione sociale definire mal assortito sarebbe un eufemismo, decide di passare una vacanza sulla riviera ligure allo sbocciare della primavera.
L’idea partirà proprio dalla lettura di un annuncio apparso sul Times per l’affitto di un castello medievale e a cogliere l’opportunità saranno due donne frequentatrici dello stesso club ma che fino a quel momento non si erano neppure mai parlate alle quali si aggiungeranno presto due rappresentati dell’alta società reclutate per l’occasione sempre tramite annuncio, questa volta da parte delle due intraprendenti neo-amiche, allo scopo di condividere e ridurre le spese.
Ciascuna delle quattro signore ha nel suo intimo una precisa motivazione che le spinge a partecipare a quella che si presenta come una vera e propria avventura: chi per colmare il vuoto causato dal tedio della vita fin qui vissuta, chi per allontanarsi dall’inaridimento del proprio matrimonio, chi per fuggire dalle strette convenzioni imposte dall’ambiente nel quale si trova a vivere, chi per interrompere la monotonia di una vita costellata soltanto di ricordi.
Il miracolo che avverrà nel corso di questo breve soggiorno e qui sta la bravura dell’autrice nel delineare l’evoluzione psicologica dei personaggi rendendoli credibili, sarà quello di modificare le proprie nature, fino a scoprire aspetti della propria personalità che si credevano assenti o sepolti in epoche passate.
Il successivo aggiungersi di tre figure maschili, i mariti di due delle signore e il proprietario del castello, contribuirà ad arricchire di spunti le dinamiche di convivenza forzata, stabilendo nuove gerarchie ed intrecci che si andranno a creare.
Lo stile del racconto è giocato sul filo del tipico humor inglese, ricco di colpi di scena e siparietti gradevoli che descrivono bene le atmosfere di due società a confronto: quella inglese a cavallo delle due guerre mondiali e un’altra, più defilata, rappresentata dalla servitù italiana del castello, la quale pur intervenendo raramente in presa diretta nella vicenda, opera una specie di contraltare rispetto al consesso di personaggi provenienti d’oltremanica.
Una lettura gradevole e senza impegno, nella sua leggerezza che non necessariamente è sinonimo di banalità.

Roberto Maestri

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"Leggendo cerco me stesso". Collaboratore di Booklandia