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Sconcerto cubano

di Danilo Manera –
Non ho mai fatto un viaggio a Cuba, quindi non ho esperienza diretta della vita a Cuba o dei suoi usi e costumi. Nonostante ciò posso dire che il primo legame che ho instaurato con Cuba (o almeno con qualcosa che la ricordava, a essere onesto), che io rammenti, è stato con un portafoglio decorato all’esterno con la bandiera cubana che mia madre mi aveva comprato durante la mia adolescenza per assecondare la mia credenza, magica invero, per cui un tale oggetto mi avrebbe conferito una certa maturità, mi avrebbe investito di una qualche matura responsabilità. Ebbene, l’unico “sconcerto cubano” che provai non fu quindi per l’incontro e la conoscenza dell’isola di Cuba e i suoi caratteristici abitanti, bensì per il fatto che quel simulacro della maturità (il mio portafoglio) ebbe una vita più breve di quanto avrei voluto. 

Mettendo da parte però quel mio “sconcerto cubano” così frivolo, vorrei raccontarvi di quanto affascinante sia stata invece la lettura di “Sconcerto cubano” di Danilo Manera, professore di letteratura spagnola presso l’Università degli Studi di Milano. In questa raccolta di «storie ascoltate, vissute, immaginate», Danilo Manera, con maestria, rivela i fili intrecciati della Storia cubana (almeno fino alle soglie del 2000) e delle storie personali di uomini e donne che hanno deciso di restare a Cuba oppure che hanno deciso di lasciarla, a malincuore o meno, portando con sé ricordi e nostalgie di quell’isola «benedetta e sventurata» incastonata tra il Mar dei Caraibi, il Golfo del Messico e l’Oceano Atlantico e capace d’impreziosire quelle acque coi suoi ritmi, il suo stile di vita e la sua cultura.  

«C’è sicuramente di meglio e di peggio al mondo che vivere a Cuba. Ma niente che gli somigli. Niente che valga questo desiderio e questa disperazione. Niente che dia tanto struggimento a chi qui non c’è mai venuto e niente che lasci tanta nostalgia in chi non se n’è mai andato.» 

Dalla lettura di “Sconcerto cubano”, in quelle stesse storie di vita, ho colto anche un senso pragmatico che mi pare informi il modo di vivere dei cubani che mi ha riportato alla mente le celebri parole di Santiago, il vecchio pescatore de “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway, e che ho ritrovato nei versi di una canzone di Benny Moré, il famoso cantante cubano, che abbelliscono uno dei testi di questo bel libro: 

Hay que vivir el momento feliz,  hay que gozar lo que puedas   gozar,   porque sacando la cuenta, en  total,   la vida es un sueño,  y todo se va.  
[Bisogna vivere il momento felice,  bisogna gioire il più possibile,  gioire,  perché in fin dei conti, nel  complesso,  la vita è un sogno,  e tutto se ne va.] (*) 

E poi, ancora, non posso tacere la meraviglia provata di fronte alla lettura del primo testo di “Sconcerto cubano” dal titolo “Celeste Avana”, perché è la più bella descrizione e al contempo il più bell’omaggio a una città – L’Avana – che io abbia mai letto; eccone un esempio: 

«L’Avana è come il tormentato manoscritto di un poeta in preda al rum, pieno di cancellature, scarabocchi, imprecazioni, lacrime, rifacimenti, citazioni, rime riuscite o fallite. Il tempo l’ha consumata a suon di carezze. Alla fine, come in tutti i capolavori, l’originale è andato perduto. Eppure c’è sempre una melodia che sbuca dalla radio o dai ricordi, un’unghia che striscia sulla pelle, una lingua che la sfiora, un granello di sabbia che diventa perla, un sentore remoto di polpa dolce e di cannella che ti rispedisce dritto sul parapetto dove comincia e finisce L’Avana.» 

Ora, Danilo Manera mi ha ricordato il Carlo Levi di “Tutto il miele è finito”; vi ho scorto, nel suo stile, la stessa poeticità, la stessa eleganza, lo stesso sguardo acuto e antropologico, la stessa capacità ammaliante di tratteggiare con poche parole un mondo: quello di Cuba. Sebbene non possa ancora dire di aver avuto una conoscenza diretta di Cuba, grazie alla lettura di questo libro posso dire però almeno che l’ho conosciuta indubbiamente meglio di quanto mi fu concesso dal possedere un portafoglio con sopra decorata la sua bandiera. 
*Per la traduzione ringrazio Alessandro Oricchio.

Matteo Celeste

Sconcerto cubano

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"Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine" Collaboratore di Booklandia