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Quando inizia la nostra storia

di Federico Rampini –
Non è carino parlare male dei padroni di casa che ci ospitano. Però c’è una cosa che proprio non sopporto nei Social: sono i meme. In parole semplici sono quei tormentoni che si diffondono in maniera virale e spontanea sul web. Possono essere un’immagine, una frase, un video o una foto, molto spesso. La parola meme deriva dal greco mimëma, che significa qualcosa di limitato. Per Wikipedia è la minima unità culturale capace di replicazione nei cervelli umani ma anche una moda, uno stereotipo, un’immagine, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l’imitazione mediante disseminazione e condivisione.
Il problema, però, non è il meme in sè: il problema, semmai, sono gli utenti dei social che pensano di crearsi una visione del mondo, storica e politica, basandosi sulla proliferazione di queste frasi ad effetto.
Per chi vuole affrancarsi da questa melmosa palude di ignoranza non resta che darsi da fare e, guarda caso, leggere. Ma leggere libri veri! Tra questi ci viene in aiuto Federico Rampini, un uomo che ha girato e che legge molto. Ci risparmia molta fatica, ci parla di altri libri e ci aiuta a capire il mondo dell’economia globale e delle relazioni internazionali dal punto di vista di uno che il mondo lo gira anche al seguito degli staff presidenziali, alla scoperta di legami sorprendenti tra grandi eventi storici del passato, pietre miliari che risalgono a decenni o secoli addietro, e il nostro presente.
Dietro ogni conflitto di oggi o le crisi economiche affiorano storie più antiche, l’influenza di imperi e civiltà che credevamo tramontati. Dietro le spinte al consumismo di massa, allo smantellamento dei sistemi scolastici, ai rigurgiti di cattolicesimo inteso come “radice sociale” si nascondono teoretici dei movimenti neoconservatori che temono l’emergere di una nuova classe media, le cui attività sono sempre più legate all’elaborazione delle conoscenze, e quindi antiautoritarie per natura.
Per prosperare attraverso il consumismo di massa il capitalismo deve fomentare l’individualismo e la competizione, eccitare la ricerca edonistica del piacere e scatenare una rincorsa materialista. Per garantire questo, paradossalmente, il capitalismo ha bisogno di mantenere in vita modelli valoriali pre-capitalistici. Quali?
Rispetto dell’autorità, lotta alla laicizzazione, ritorno alla pratica religiosa. Vi dice nulla?
Nel 1975 nel “Rapporto sulla governabilità delle democrazie alla Commissione trilaterale” si teorizza che le democrazie sono vittime di un sovraccarico, cioè troppi “attori sociali” esprimono bisogni che vorrebbero vedere soddisfatti dallo Stato: insomma troppa gente che rompe le palle ai governanti che, nell’impossibilità di rispondere a questo eccesso di domanda danno uno spettacolo di impotenza che corrode la loro autorità.
La soluzione è racchiusa nello slogan “Lo Stato è il problema, non è la soluzione” o anche “c’è troppo Stato”. E anche questo non vi fa accendere una lampadina in testa?
Questo, incrociato con la liberalizzazione dei movimenti di capitali e alla deregolazione del settore bancario, ha permesso la nascita di quella globalizzazione finanziaria che è una delle caratteristiche del nostro attuale mondo e che condiziona le politiche dei governi, con i mercati eletti a “vincolo esterno” delle democrazie. Il potere dello spread. Da brividi, eh?
Un altro aspetto interessante affrontato da Rampini è quello dell’immigrazione. Quello che la “sinistra” italiana sembra aver rimosso è il fatto che uno dei primi a denunciare l’immigrazione come un flagello per la classe operaia è stato proprio il profeta del comunismo, Karl Marx. Al suo tempo in Inghilterra dovettero affrontare una imponente immigrazione di provenienza irlandese. Per Marx la borghesia e l’aristocrazia capitalista inglese avevano interesse in una immigrazione forzata di lavoratori irlandesi in Inghilterra in modo da comprimere i salari e la posizione materiale della classe operaia inglese. Creare gruppi contrapposti di proletari fomentando antagonismi tra “poveri” è il segreto della conservazione del potere da parte della classe capitalistica. Questo scriveva Marx e questo ha dimenticato (in buona o malafede non lo so) la sinistra in Italia.
Il libro di Rampini è pieno di spunti di riflessione per capire il nostro tempo. E ogni Paese che magari oggi fa la morale ad altre nazioni ha sempre qualche scheletro nell’armadio. Esempi?
Narcotraffico di Stato e successive guerre al fine di ripianare un deficit commerciale con un’altra Nazione? L’Inghilterra che nella prima metà dell’Ottocento si trovava a comprare dalla Cina (e quindi dover pagare) merci ambite dai suoi cittadini (the e seta ad esempio) mentre la Cina non comprava niente dall’Inghilterra (e come dargli torto). Soluzione inglese: invadere la Cina di oppio diventando così il più importante caso nella storia di uno Stato sovrano dedito al narcotraffico arrivando a esportare 2500 tonnellate all’anno di droga diffondendo un flagello che colpì tutte le classi sociali cinesi provocando la decadenza di una grande civiltà.
Tra i primi commercianti di schiavi umani? Gli italiani, pensa un po’. Nel 1542 il conquistador Cortés compra da un mercante italiano cinquecento schiavi africani per la sua piantagione di canna da zucchero in Messico.
Più recentemente, sempre ricordando certi “moralisti”, non possiamo dimenticare il salvataggio delle banche tedesche effettuato con aiuti pubblici che oggi sono considerati illegali.
Guardare la Storia nei tempi lunghi aiuta a comprendere il presente.
“Tanti lettori, tante teste pensanti si lasciano dominare meno dal papa o dal sovrano, rispetto ad una plebe ignorante e credulona”. Purtroppo in questo senso Internet ci sta risucchiando verso un sistema tribale pre-scientifico, verso un Medioevo digitale dove la comunicazione è tam tam.
La difesa?
Un libro.

Gerardo Capaldo


Federico Rampini, “Quando inizia la nostra storia”
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