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Numeri a perdere

di Riccardo Gavioso –
Riccardo Gavioso, nel suo libro – “Numeri a perdere” –, ci mostra quello che vediamo e non ci tocca o, più spesso, quello che non vediamo e meriterebbe che ci toccasse, che stimolasse in noi un moto di condanna.
Un senso, quindi, di giustizia per quell’ingiustizia che nel piccolo come nel grande sembra essere pervasiva e cionondimeno, mi sembra di capire da questa lettura, non dovrebbe essere tale da doverci rendere insensibili a essa o tale da farci credere di non avere strumenti per farvi fronte.
Ecco, “Numeri a perdere” mi sembra sia questo: uno strumento per far fronte all’ingiustizia, alla sofferenza, al dolore e all’orrore largamente diffuso in tutto il mondo. Tant’è vero che le testimonianze di questi suoi “piccoli fiammiferai”, come li ha presentati a me, provenienti da diverse parti del mondo e da diversi tempi servono allo scopo: testimoniare, rendere manifesto e quindi condannare pubblicamente quelle ingiustizie e quegli orrori che troppo spesso portano con loro quei “numeri a perdere”, quelle vittime innocenti che, anche in questo caso, troppo spesso vengono dimenticate e le cui individualità, le cui esistenze, nei grandi numeri sono destinate a perdersi.
L’aspetto ancora più apprezzabile, a mio avviso, è che non c’è pusillanimità in questo atto d’accusa: la condanna di questi fatti atroci avviene con decisione e apertamente e non manca l’individuazione chiara dei responsabili (e per loro pure vi è la condanna ferma) da parte di Riccardo. Questo libro è un chiaro esempio di come il lavoro di un giornalista serio possa essere utile alle persone, non perdendo il tempo perciò a ricordare come accade ogni anno, ogni estate, da parte dell’ennesimo giornalista, che “d’estate è consigliato bere molto e non uscire nelle ore più calde della giornata, soprattutto per le fasce più soggette agli effetti dell’eccessiva ondata di caldo: anziani e bambini”, e contiene esempi di un giornalismo che può essere definito, senza tema, alto.
Mi è dispiaciuto solo che ci fosse una costellazione di storie, una frammentazione di testimonianze, che, sì, mi mostravano nel loro insieme una realtà dimenticata, con le vite, pure dimenticate, che la abitavano, ma che mi obbligavano a entrare in esse per uscirne dopo poche pagine; avrei voluto rimanerci più a lungo, anche se penso che la struttura del libro così fatta volesse essere funzionale a dare il maggior spazio possibile a tutti quei “numeri a perdere”, molti, a cui il titolo fa riferimento. Ne consiglio la lettura a tutti, indistintamente. È una lettura che non può, per quanto crudo e doloroso sia il tema, non fare bene.

Matteo Celeste

numeri a perdere

“Qual è il valore di una vita, non è domanda cui sia facile rispondere. Il valore di una vita dovrebbe essere molto elevato. L’uomo può produrre la vita… può estrarre quintali d’oro, costruire decine di case o dipingere centinaia di capolavori, se è stato scelto dal talento. Questa semplice dimostrazione dovrebbe portarci a concludere che la vita è il bene più prezioso, e che il suo valore sia troppo elevato da quantificare. Ma le cose non stanno esattamente così. Per esempio nel Darfur, e in quasi tutta l’Africa, una vita umana non vale nemmeno i dieci dollari di un kit per le vaccinazioni…”

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Matteo Celeste

"Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine" Collaboratore di Booklandia