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Musica per camaleonti

di Truman Capote –
Dirò sin da subito che “Musica per camaleonti” non è un libro di quelli con molte pretese. Bisogna essere sinceri, per quanto ci è possibile. In effetti, questo libro, che accoglie alcuni brevi racconti di Truman Capote, variegati ed eterogenei, andando da signore aristocratiche della Martinica, che mettono in funzione il grammofono così da richiamare con la musica i camaleonti, alla “cronaca vera di un delitto americano”, è uno di quelli adatti ai momenti leggeri, quei momenti in cui ricerchiamo letture che non richiedano da parte nostra un notevole sforzo o impegno, anche se in esso sono presenti tuttavia dei punti narrativi di assoluto interesse – a esempio: l’ultimo racconto breve, dal titolo “Rigiramenti notturni ovvero le esperienze sessuali di due gemelli siamesi”, in realtà un’intervista che Truman Capote fa a sé stesso, è davvero molto, molto interessante, perché in essa sembra svelare un po’ di sé, sembra esporsi senza protezioni di sorta; lui che era notoriamente un racconta storie quando si trattava di “mettersi a nudo” e  tremendamente e fastidiosamente sincero quando si trattava di “mettere a nudo” gli altri, allorquando essi venivano analizzati da quei suoi occhi curiosi e famelici e dalla sua mente esplosiva e prorompente, fatto che ha prodotto la rottura di numerosissime sue amicizie. 

Ebbene, un periodo di crisi nello stile di Capote gli fa comprendere che il problema al quale era necessario trovasse una soluzione era, come comprendiamo dalla Prefazione all’opera:
«come può uno scrittore riunire felicemente in una sola forma – diciamo il racconto – tutto ciò che sa di ogni altra forma di scrittura? […] Non mettevo in atto tutto ciò che sapevo dello scrivere, tutto ciò che avevo imparato da copioni, opere teatrali, reportage, poesia, racconto, romanzo breve, romanzo[: ecco perché la sua «opera era spesso insufficientemente illuminata»]. Uno scrittore dovrebbe avere tutti i suoi colori, tutte le sue capacità a disposizione sulla medesima tavolozza per poterli mescolare (e nei casi opportuni applicarli simultaneamente). Ma come?

«[…] Ora invece mi posi al centro della scena e ricostruii in modo rigoroso, minuzioso, conversazioni banali con persone qualsiasi: il custode della mia casa, un massaggiatore della palestra, un vecchio compagno di scuola, il dentista. Dopo aver scritto centinaia di pagine di queste cose un po’ stolte arrivai a uno stile. Avevo trovato una struttura in cui potevo raccogliere tutto ciò che sapevo dello scrivere. 
«In seguito, adottando una versione modificata di questa tecnica, scrissi un breve romanzo-verità (“Hand-carved Coffins” [“Bare intagliate a mano”]) e un certo numero di racconti. Il risultato è il presente volume: “Musica per camaleonti”.» 

La sensazione che mi ha lasciato la lettura di “Musica per camaleonti” è assimilabile a una scena: immaginate di incontrare Capote, un vecchio amico, in una affollata strada di New York.
Vi riconoscete; siete cambiati dall’ultima volta che vi siete incontrati, diversi anni fa, eppure non è così difficile, tra le persone che vi attorniano, individuarlo: è troppo sopra le righe per non capire che l’uomo minuto con la pelliccia che gli supera le ginocchia e il cappello di feltro con la tesa larga portata sulle ventitré e i guanti in seta è Truman Capote.
Vi salutate, e la sua voce sottilissima e acuta vi fornisce un altro indizio della correttezza della vostra intuizione. Decidete di andare in un qualunque locale serva qualcosa da bere (Capote sapete non disdegna gli alcolici) e, come è immaginabile che accada, vi mettete a parlare del più e del meno.
Vi premurate di fare voi, però, la prima mossa, in questo gioco convenzionale “del più e del meno”, chiedendo: «Allora, Jockey [un nomignolo che lui riconoscerà sicuramente], che mi racconti?», col solo intento di sentirlo parlare, perché sapete che è un eccellente cantastorie e perché, quando si tratta di pettegolezzi, fatti curiosi, episodi simpatici, eventi picareschi, non c’è resoconto migliore che quello che può esserne fatto dalle sottili labbra di Truman Capote. Ed egli, sempre pronto a rivelare fatti scabrosi, titillanti, stuzzicanti, comincia a parlare: ed ecco a voi, preciso, pulito e nitido, “Musica per camaleonti”; e proprio come i camaleonti sono, come viene descritto nel primo racconto di quest’opera, imbambolati dall’ascolto della musica che l’aristocratica padrona fa ascoltare loro, voi rimanete affascinati dallo stile sinuoso e coinvolgente col quale vi rende il racconto di quei fatti. Sì, quelle parole che fluide scorrono via portando con loro la vostra attenzione, quasi da rendervi loro prigionieri, sono come il suono di un pungi generato con maestria da un incantatore di serpenti per il rettile.  
Ecco, è questa la sensazione che mi ha lasciato la lettura di quest’opera. Dunque, ve la consiglio.
La traduttrice è Maria Paola Dèttore.

Matteo Celeste

Musica per camaleonti

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"Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine" Collaboratore di Booklandia