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Lo spaventapasseri

di Bruno Morchio –
Un vecchio amico diventato avvocato di successo e candidato al Senato con buone probabilità di successo. La sua addetta stampa, capelli biondi e occhi azzurri come due squarci feroci di cielo. Telefonate minacciose e un cold case: l’omicidio irrisolto di una giovane donna avvenuto trent’anni prima. E’ il nuovo caso per Bacci Pagano, l’investigatore dei “caruggi” che si muove nella scenografica ambientazione della città di Genova.

Genova, la mia maledetta città frastornata dalle campane delle chiese e dalle sirene delle navi che entrano ed escono dal porto. La Superba con le pezze al culo. Chiusa, inospitale, provinciale, vecchia e rincattucciata in una delle infinite periferie del mondo. In vent’anni ha perduto duecentomila abitanti. quasi tutte le industrie, i fasti dell’aristocrazia mercantile e l’orgoglio di classe di un proletariato tra i più agguerriti d’Europa. Coltiva la sua altezzosa agonia come un vecchio demente che ha dimenticato la strada di casa.

Un atto d’amore ma anche d’accusa verso una classe dirigente, sempre la stessa e dello stesso lato, che negli ultimi decenni si è mossa navigando a vista e con nessuna visione prospettica: basti ricordare l’occasione perduta di Eurodisney che dopo la fredda accoglienza istituzionale ricevuta in città ha cambiato rotta creando a Parigi il famoso parco che oggi offre lavoro e basso impatto ambientale mentre a Genova sono rimaste agonizzanti attività inquinanti costruite a due passi dalle abitazioni.
Bruno Morchio presenta un insolito Bacci Pagano innamorato, che non ha perso però il suo inconfondibile fiuto in un caso che mette in gioco sentimenti veri come l’amicizia e l’amore e i ricordi di un lontano ’68 e dei cortei a cui si partecipava per le vie di Genova, trascinati dall’idea di cambiare il mondo puntando su valori diversi, quasi rivoluzionari.

Il vento della rivoluzione proletaria spazzava il mondo con una forza contagiosa che sembrava renderlo inarrestabile. Eravamo giovani e la nostra ingenuità aveva qualcosa di arrogante.

Una indagine in cui il nostro Bacci prenderà coscienza di essere stato “usato” a mo’ di spaventapasseri in un continuo confronto con il passato e con la nostalgia in cui, peraltro, il detective ama sguazzare anche se il suo autore gli mette in bocca queste parole:

Chi resta così ostinatamente attaccato alle idee e alle persone del passato non va da nessuna parte. La vita è movimento. Il futuro richiede di essere voluto, creato, progettato.

Povero Bacci, tu provi a guardare verso il futuro ma tu stesso ci riveli che:

In vita mia le facciate più clamorose le ho prese quando guardavo avanti.

Anche in questa avventura Morchio non delude con il suo investigatore zeneise che ci lascia con un finale aperto, imprevisto e proiettato al futuro, se ci sarà un futuro e chissà quale.

Gerardo Capaldo

Lo spaventapasseri

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