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Le ricette della signora Toku

di Durian Sukegawa –
Penso che solo un poeta, quale Durian Sukegawa anche è, avrebbe potuto raccontarci di tutta l’attenzione e la cura per preparare un buon dorayaki – un tipico dolce giapponese formato da due dischetti di pandispagna con dell’an, una sorta di marmellata di fagioli rossi, posto nel mezzo – e al contempo illuminarci sul senso della vita, su quell’«essere in ascolto» del cielo, degli alberi, del sole, della luna, degli insetti, del mondo, alla fine, nella sua incommensurabile varietà, come avviene ne “Le ricette della signora Tokue”.
Sentarō lavora in un chioschetto di dolciumi – il Doraharu – che produce solo dorayaki. Non è affatto appassionato di dolci – non gli piacciono nemmeno! – e non vorrebbe trovarsi lì, inoltre i suoi dorayaki sono pessimi e i clienti non aumentano, ma, a causa di un debito contratto col proprietario del negozio, è costretto, per poterlo estinguere, a svolgere quell’attività, a passare tutto il giorno davanti a quella detestata piastra di cottura.
Sarà l’incontro con la signora Tokue, tenace vecchietta di settantasei anni, e la sua successiva assunzione nel chioschetto a cambiare la vita di Sentarō, a partire proprio dall’insegnamento della corretta ricetta per realizzare un eccellente an, equilibrato e sublime, mostrandogli come, al di là delle dosi, è l’atteggiamento che si assume in quello che si fa, e più in generale nella vita, ad avere un ruolo importante, è «questa sensibilità che dà voce a tutte le cose» a essere determinante. «Si tratta di osservare bene l’aspetto degli azuki [i fagioli rossi]», dice Tokue a Sentarō. «Di aprirsi a ciò che hanno da dirci. Significa, per esempio, immaginare i giorni di pioggia e i giorni di sole che hanno vissuto. Ascoltare la storia del loro viaggio, dei venti che li hanno portati fino a noi.» Sentarō non sarà l’unico toccato dagli insegnamenti della signora Tokue. Anche Wakane, una giovane studentessa con problemi familiari, troverà nelle parole della signora Tokue un sostegno, una forza che la aiuteranno a guardare avanti.
Così, la storia di questi tre personaggi s’intreccerà, rendendo il legame d’amicizia tra essi solidissimo e allo stesso tempo tenero, profondo, emozionante, indimenticabile. Un legame che nel formarsi incontrerà però anche degli ostacoli e farà emergere le sofferenze che albergano nei loro cuori, nel momento in cui si sentiranno pronti ad aprirsi vicendevolmente.
L’«essere in ascolto», questa straordinaria capacità ricettiva, che ci consente di cogliere quello che dicono alberi, fiori, persone, fiumi, risaie, etc., ci apre all’idea che la vita abbia un senso, dice infatti la signora Tokue, ma questo «non risolve i problemi che incontriamo nel cammino, per cui ogni tanto abbiamo l’impressione che la vita sia solo una trafila di sofferenze.» Ed è esattamente per questo che la signora Tokue fa i dolci: «per nutrire tutte le persone che avevano accumulato lacrime.»
Ho adorato questo libro. Mi sono fortemente commosso in diversi punti, perché anch’io sento di aver instaurato – o mi piace almeno pensarlo – un legame con questi tre personaggi, anche se non posso negare che è stata la signora Tokue ad avermi lasciato qualcosa in più: nelle sue parole, che sembrano penetrare l’essenza della vita con la stessa maestria e sicurezza con la quale ella prepara i dorayaki, ho trovato un conforto, una speranza, un senso profondo, tanto forte che mi sembrava che attraverso le sue parole io stesso potessi connettermi col mondo mettendomi in ascolto, sentendo che cosa avesse da dire.
Come viene riportato nell’edizione, «“Le ricette della signora Tokue” è una favola moderna sull’amicizia, la libertà e la resilienza. Un’ode alla vita di palpabile sensualità che ci insegna a trovare la grazia nell’inaspettato e la felicità nelle piccole cose.»
Insomma, secondo me, è proprio da leggere.
La traduttrice è Laura Testaverde.

Matteo Celeste

Le ricette della signora Toku
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"Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine" Collaboratore di Booklandia