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Le Aquile della Steppa

di Emilio Salgari

Buona sera!!! Non sono ancora in una situazione ottimale ma tutto si sta sistemando e sto iniziando a vedere un lontano traguardo, in ogni caso il ritmo della lettura sta salendo come i giri di un motore da gara.
Le Aquile della Steppa” di Emilio Salgari.

Un paio di giorni fa vi avevo presentato un romanzo “salgariano” perché scritto da uno dei tanti autori che all’epoca si rifacevano (a volte ricalcavano proprio) al maestro veronese dell’avventura pura in luoghi lontani ed esotici, senza peraltro averci mai messo piede. Ma dopo Yambo (signor autore) ho ritrovato il capostipite che ha trasportato intere generazioni in giro per il globo tenendo in mano una delle sue opere.
“Le Aquile della Steppa” ci porta nelle terre più oscure dell’Asia centrale, quelle della Via della Seta, degli emiri e dei tanti “Stan”…… Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan etc….All’epoca non era ancora stata soggiogata dall’Impero Russo ma le manovre del “Grande Gioco” erano già in atto e da Mosca si dipartivano i tentacoli politici e i battaglioni di cosacchi che avrebbero dovuto conquistare il Turchestan occidentale per poi mirare all’India Britannica.
Le popolazioni locali erano ancora seminomadi, fiere, indipendenti, bellicose e dedite all’allevamento e ad una vita di rapina da un accampamento all’altro. I grandi fiumi che dal Pamir attraversano la Steppa della Fame non erano ancora stati saccheggiato per i piani quinquennali e il Mare d’Aral brillava come un gioiello in mezzo a quelle lande desolate invece di giacere sconfitto e semi prosciugato come oggigiorno.
Le lotte fra kirghisi e uzbeki erano all’ordine del giorno; in questo quadro si innesta la storia che ci racconta il rapimento di una promessa sposa di nobili natali da parte di un cugino del futuro marito che vuole mettere le mani sulla fanciulla e sul trono ma per avere tutto ciò assolda la più famigerata banda di predoni con il compito di portare a termine la doppia missione di prendere la bella principessa ed eliminare il rivale.
Come in ogni romanzo salgariano gli eroi sono furbi, scaltri, fortunati e quasi invincibili ma dovranno superare un mare di prove sempre con l’acqua alla gola e sul filo della scimitarra.

I turcomanni, quei terribili nomadi che hanno dato sovente tanto filo da torcere ai russi, ai persiani, ai belucistani e anche agli afgani, sono già famosi nelle costruzioni delle loro tende, le quali possono benissimo resistere anche ai venti più impetuosi, che si scatenano sovente su quelle lande sterminate.
Dànno ad esse una forma tutta speciale, che non ha nulla di comune con quelle degli arabi e tanto meno coi wigwam delle pelli rosse dell’America del nord.
Sembrano cupole, ma molto alte, e nella loro costruzione non adoperano che pertiche molto elastiche, piantate profondamente nel suolo, curvate in alto e quindi legate saldamente ad un cerchio e coperte di feltro, assai spesso, impenetrabile alla pioggia e di colore per lo più assai oscuro.

In questo libro la storia in sé stessa è abbastanza povera e semplice ma colpisce invece come riesca a descrivere mirabilmente ogni aspetto politico, sociale e geografico di quei luoghi che diventano quasi visibili molto di più che in altre opere. 
È un viaggio intensissimo dal Mar Caspio fino ai confini con l’Afghanistan.
Alla prossima!

Ste Dussoni

Le Aquile della Steppa
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"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza" Collaboratore di Booklandia.