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La vacanza dei superstiti

di Franca Valeri –
Una riflessione sui superstiti quali sono gli anziani, categoria anagrafica in costante via di definizione e che registra il progressivo spostamento in avanti dei propri confini temporali.
Una vacanza alla quale sembrano destinati coloro che, al termine della propria vita lavorativa o almeno in concomitanza con il rallentamento fisiologico delle attività quotidiane, si concede progressivamente un meritato riposo. Ma vacanza è anche sinonimo di mancanza, assenza, vuoto. Ed è proprio il tentativo di colmare questo vuoto che orienta la dissertazione che la regista, autrice, attrice e qui scrittrice redige in queste pagine, al compimento dei suoi novant’anni, un’età che potrebbe far supporre una resa alla vita, un cedere terreno al riposo meritato, mentre le parole che troviamo sono uno scatto d’orgoglio e una sfida al tempo, grande inquisitore al quale è comunque inevitabile sottrarsi.
Franca Valeri compie questo scatto d’orgoglio mostrando e dimostrando che non esiste un’età della resa, semmai esistono periodi della vita nei quali è necessario modificare i paradigmi, variare i ritmi, risparmiare le energie senza rinunciare a una idea di futuro. Perché il paradosso sembra essere proprio questo, il concetto di futuro espresso da una persona che si avvicina al termine della propria vita, non fosse altro che per ragioni anagrafiche, ma è proprio qui che viene lanciato il guanto di sfida alla clessidra che appare inesorabile:

“A novant’anni il problema sembra il futuro; limitato o no, offre due possibilità: ripensare o inventare. Spesso le due cose si equivalgono.”

Questa è la filosofia che traspare fra queste pagine, una visione della vecchiaia proiettata in avanti, come se l’ineluttabilità del tempo non fosse un problema di cui occuparsi. In effetti quante persone in età meno avanzata vivono la propria vita come se non dovesse finire mai e quanti invece interrompono loro malgrado la propria esistenza senza assaporare la stagione del declino degli anni? A pensarci bene sui tratta soltanto di una questione di calcolo delle probabilità, che si vanno sbilanciando in un senso ben preciso con il progredire del tempo.
Nella sua riflessione l’autrice dispensa consigli quasi più a se stessa che non a eventuali lettori anche se lo stile con il quale il libro è scritto è colloquiale, e sembra essere rivolto a un uditorio di suoi coetanei o aspiranti tali.

Il decadimento fisico non piace a nessuno. I rattoppi lo rendono piú evidente, come per qualsiasi tessuto.

Temi a lei cari e che tornano spesso in queste pagine sono i concetti di adeguamento e di accoglienza dell’incalzare della vecchiaia vissuta come componente essenziale e necessaria della vita, che assegna a chi la attraversa, il ruolo di depositario di esperienza con il dovere/piacere di trasmissione di conoscenze alle generazioni successive.

Si può fare a meno di tutto, ma non dei nonni. Dirò una cosa spiacevole. Anche travestiti da giovani, i bambini li vedono vecchi.


Lo stile, com’è nel carattere della nota attrice e autrice di ruoli e personaggi brillanti, è quello dell’ironia, che si trova abbondante fra le righe, nemmeno troppo mascherata. Una lettura lieve da affrontare con il sorriso fra le labbra, con leggerezza ma anche con la consapevolezza che quanto trattato in queste pagine, è un tema che riguarderà, si spera, tutti noi.

Roberto Maestri

la vacanza dei superstiti

Sopravvivere è un lavoro. Bellissimo, secondo me.

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"Leggendo cerco me stesso". Collaboratore di Booklandia