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La ricchezza delle nazioni

di Adam Smith
Buon giorno!!! Continua l’inedia da Coronavirus, oramai dopo un mese di fermo biologico sta diventando complicato trovare qualcosa di nuovo da proporre a se stessi; siamo avvolti in un loop senza fine e senza via d’uscita come in un brutto film di fantascienza. Eppure bisogna inventarsi qualcosa per non abbruttirci anche se, le poche volte che esco per la spesa o per portare via la spazzatura (quanta se ne fa comunque??), sono sempre più allergico ad ogni vita umana che incontro e spero che il distanziamento sociale continui anche dopo la fine di tutto ciò (è un avviso per chi ha il vizio di dare ditate o chi ti parla in faccia a due centimetri dal naso…..potrebbe partire anche un manrovescio!) Ma veniamo alla lettura odierna: “La ricchezza delle nazioni” di Adam Smith. Beh!! cos’è quella faccia stupita?? dovevo riempirmi il tempo e avevo il tempo di leggere qualcosa di più impegnativo….. 1145 pagine di economia politica!!! Ho guadagnato un leggero mal di testa, quello è sicuro!!
10 giorni belli intensi!!! Adam Smith era scozzese di nascita e figlio dell’impero britannico, e insegnante di economia. Il periodo di scrittura è quello che precede lo scoppio della Rivoluzione Americana e della successiva Rivoluzione Francese della quale ancora non si sente nemmeno un piccolo avvertimento. Smith è il teorico accertato e osannato del Libero Mercato ed è il padre putativo di tutta la politica economica degli Stati Uniti….niente dazi, niente imposizioni e nessun monopolio; il mercato si regola da se e si rimette in equilibrio senza interventi di nessun genere….questa è in sostanza la teoria liberista propugnata dal nostro ineffabile ed imparruccato autore.
L’Impero Britannico era all’apogeo, forse mancava solamente l’Australia all’appello; il Canada era appena entrato nell’orbita di Sua Maestà e l’India era ormai prossima a diventare il gioiello della corona e le truppe in giubba rossa comandavano su tutti i continenti ma… qui si parla di economia! Londra all’epoca voleva il dominio politico ma anche quello economico e lo faceva obbligando le proprie colonie a commerciare “in esclusiva” impedendo in vari modi la possibilità di avere sbocchi esterni; insomma il Commonwealth in versione settecentesca; ovviamente a non tutti la cosa andava giù e sappiamo poi come è andata con le colonie americane. Un’altra colonia non dichiarata ma tenuta col guinzaglio corto era l’Irlanda che era ormai possesso britannico ma non c’era ancora stato l’Atto di Unione a sancirne la definitiva appartenenza al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.
Smith comincia così a propugnare ad ogni pagina le sue teorie liberiste e lo fa articolando il volume in ben 5 libri. Si parla di molte cose: innanzitutto del lavoro come fonte di ricchezza e di guadagno; quindi di come si genera il capitale e di cosa è composto e di come si accumula. Il lavoro in se stesso  viene analizzato in quanto non solo come fonte di sostentamento ma anche come possibilità di miglioramento per le singole persone e di come deve essere migliorato per poterne aumentare la produzione meccanizzandolo sempre di più e suddividendo le varie operazioni per semplificarlo e velocizzarlo (in pratica la catena di montaggio di Ford); ricordiamo che siamo anche alla vigilia della Rivoluzione Industriale, di conseguenza il lavoro ha anche una funzione sociale.
L’autore dedica un capitolo anche alla scuola alle varie forme di insegnamento, privato, ecclesiastico e statale, ma non è convinto del bisogno di un’istruzione generale della popolazione visto che comunque la maggior parte di essi andrà a fare l’operaio, il minatore o il contadino e quindi non avrà bisogno di molto; mentre le classi sociali elevate possono permettersi di spendere il loro tempo e i loro capitali in un’istruzione superiore perché dovranno poi gestire le aziende.
C’è una parte in cui si capisce che non ama la nobiltà terriera in quanto improduttiva visto che i suoi capitali non vengono utilizzati per creare lavoro ma solo per il benessere esclusivo dei loro proprietari e per soddisfare solamente la propria vanità. I capitoli più complessi del libro sono quelli dedicati alla moneta, da dove nasce il bisogno di avere i soldi e di come mai sono stati usati in definitiva l’oro e soprattutto l’argento per creare questo importante strumento di commercio. Quindi parla proprio della genesi del denaro e di come si è modificato nei secoli il valore e l’utilizzo. La scoperta del continente americano poi ha cambiato completamente le carte in tavola gettando sui mercati europei una valanga di metalli pregiati in causando veri terremoti economici ma non ricchezza, almeno non per i principali paesi importatori come la Spagna e il Portogallo.
Successivamente passiamo alla vera economia politica con descrizioni certosine di valori, prezzi, merci, dazi, monopoli, salari e banche…soprattutto la banca di Inghilterra! In successione poi si arriva alle guerre commerciali con Spagna, Francia e in maniera insistente con l’Olanda (allora denominata Province Unite) con la quale ce l’aveva in particolare modo perché a suo vedere impediva il libero mercato delle merci inglesi imponendo sempre nuovi dazi e impedimenti di vario genere.
Una nota….Smith vuole il libero mercato ma solo per le merci inglesi in uscita perché poi non disdegna dazi e protezioni di vario genere per quelle in entrata che invece lo innervosiscono parecchio.
Le colonie costituiscono una parte molto corposa del volume e ne viene descritta la nascita e la gestione, dalle motivazioni delle guerre per averle e cosa possono portare alla madrepatria in termini economici….. lo schiavismo che all’epoca era ammesso, concesso e trattato da tutte le potenze coloniali non viene biasimato ma invece è necessario specialmente nelle terre della canna da zucchero o del tabacco. Nel capitolo coloniale vengono anche prese in considerazione in maniera singola le varie Compagnie che spesso gestivano immensi territori in nome della corona ma in assoluta libertà e ne viene fuori un quadro veramente sconfortante fatto più di predoni che di colonizzatori benevoli quali volevano farsi passare.
Smith giustifica le colonie americane dei paesi europei dicendo sottotraccia che era giusto occupare quei territori perché fondamentalmente erano VUOTI e quindi bisognava, una volta scoperti, renderli produttivi visto che la terra e le risorse non mancavano di sicuro ma non c’era nessuno per sfruttarle (!!!!!!….e i nativi??)
Nel quinto e ultimo libro si arriva a parlare di come si forma il capitale di uno stato, di cosa è composto e della necessità delle tasse e di come vengono calcolate e riscosse e qui si analizzano anche diversi sistemi oltre che diversi paesi ma ovviamente poi il migliore è sempre quello inglese (of course). Quindi la descrizione si ampia e diventa molto particolareggiata soprattutto per la Francia che non riscuote le sue simpatie mentre l’Olanda sale di qualche punto nel suo gradimento…..lasciamo perdere la Spagna o gli stati italiani che qui fanno la loro timida comparsa per essere semplicemente bollati come troppo insignificanti per avere l’onore di una menzione.
Alcuni capitoli davvero complicati ma a loro modo interessanti sono quelli sul debito, come si forma, perché viene fatto e come si potrebbe estinguere ma in realtà non si fa mai e invece continua ad aumentare in maniera esponenziale ad ogni guerra o ad ogni calamità; ovviamente le guerre sono fonte di debito per ogni paese che ne intraprende una e visto che l’Inghilterra aveva un impero abbastanza vasto e non faceva altro che passare da un conflitto all’altro Smith non è molto felice di ciò perché non permettono di stabilizzare le economie che sono perennemente sotto stress e non possono crescere in maniera ordinata.
La parola d’ordine di tutta la teoria liberista è CRESCITA…. non esiste altro, i mercati si devono espandere e le merci devono poter circolare continuamente senza impicci e senza troppi lacci, ovviamente merci inglesi.
Alcuni paragrafi infatti sono dedicati alla Cina (all’epoca Celeste Impero) e alla sua totale chiusura al commercio estero che faceva inorridire letteralmente tutti gli economisti e soprattutto il nostro autore. La Cina era un mercato potenzialmente enorme e tutto da conquistare ma aveva concesso solamente due porti alle nazioni europee e più di lì non potevano andare  e questo li mandava su tutte le furie e da quelle situazioni (e poi da altre) nasceranno la Guerra dei Boxer e del’Oppio, ma più avanti nella storia.
Il libro termina parlando sottotraccia del conflitto americano che ormai stava diventando rivoluzione e stava creando non pochi grattacapi alla madrepatria. Le testuali parole sono: “Se vi sono province dell’Impero britannico che non si possono far contribuire a sostegno di tutto l’impero, è certamente tempo che la Gran Bretagna si liberi della spesa di difendere quelle province in tempo di guerra e di sostenere parte dei loro ordinamenti civili in tempo di pace, e si sforzi di adeguare le sue mire e i suoi disegni futuri alla reale mediocrità della situazione” (cit.)
Il New England ormai dava segni di forte insofferenza da molto tempo e cercava di liberarsi da un giogo che gli andava stretto; erano tutti inglesi di origine ma erano fuggiti per i più svariati motivi compresi quelli religiosi (ricordate i puritani della Mayflower); le tasse e grande distanza non favorivano di certo il controllo di un’economia che stava crescendo rapidamente in totale libertà e che vedeva davanti a sé un futuro radioso ma lontano da Londra. Smith in un paragrafo questa cosa la legge benissimo e lo dice apertamente….loro sono la potenza del futuro.
Ormai la guerra era in corso quando il libro è uscito e chiaramente l’unica deduzione logica era quella di lasciarle andare per la propria strada e di occuparsi di tutto il resto, che non era poco, in maniera più oculata di come era stata gestita fino a quel momento.
E con questo ho concluso… spero di non aver tralasciato nulla perché è davvero monumentale e ho fatto parecchia fatica a restare concentrato ad ogni pagina. se ho fatto qualche errore vogliate perdonarmi ma le mie nozioni di economia sono davvero misere e quindi potrei anche aver travisato tutto ma vi giuro in buona fede.
A questo punto ringrazio il COVID-19 che mi ha messo in condizione di avere il tempo di leggerlo in maniera organica. A mai più.

Ste Dussoni


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"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza" Collaboratore di Booklandia.