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La Repubblica delle stragi impunite

di Ferdinando Imposimato –
Dopo aver esplorato la melma che ha avvolto il caso Moro continuo a trattenere il fiato e mi tuffo nuovamente nella Storia recente del nostro Belpaese. O meglio nei suoi gironi infernali. Anche in questo caso il mio Virgilio sarà il giudice Imposimato. Il libro ha vinto il Premio Roma 2013 per la saggistica.
Da sottolineare che il giudice Imposimato dovette lasciare l’Italia per le minacca di morte ricevute e l’omicidio del fratello mentre indagava sul caso Moro.
Stragi. Deliberati e voluti omicidi di cittadini italiani.
Cittadini come me, come te, come i nostri figli o i notri genitori che il più delle volte si trovarono nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Organizzazioni criminali che hanno operato al servizio di interessi politici, sotto l’influenza di Massoneria e Stati stranieri, con i servizi segreti tesi a occultare e falsificare documenti, distruggere testimonianze e carriere di onesti servitori dello Stato o ostacolare gli inquirenti permettendo la permanenza o l’ascesa ai vertici delle istituzioni di governanti decisi a conservare il potere con ogni mezzo.
L’Autore ci accompagna in questo percorso di sangue che inizia a Portella della Ginestra (1947) e prosegue con Piazza Fontana (1969), Piazza della Loggia (1974), treno Italicus (1974), via Fani (1978), Stazione di Bologna (1980), Addaura (1989), Capaci (1992) e via D’Amelio (1992): elenco di violenze tristemente incompleto ma tutte in un modo o nell’altro legate tra loro.
E il verminaio che viene fuori è nauseabondo.
Solo tre esempi, partendo dal più lontano nel tempo.
– Portella della Ginestra: duemila persone che celebravano la festa dei lavoratori il primo maggio. Il contesto: ad aprile le elezioni in Sicilia le aveva vinte la coalizione PCI-PSI battendo la Democrazia Cristiana mettendo in allarme la massoneria e gli Stati Uniti d’America. Colpi di mitra dalle colline circostanti, undici morti di cui due bambini e ventisette feriti. A sparare gli uomini del bandito Salvatore Giuliano.
Giuliano ovviamente non giunse a processo. Morì ucciso, pare tradito da suo cugino e luogotenente Gaspare Pisciotta.
Pisciotta il processo lo subì e venne condannato all’ergastolo: durante il processo lanciò pesanti accuse sui presunti mandanti politici della strage, democristiani e monarcici, e fece pure i nomi.
Ma anche Pisciotta morì, in carcere, avvelenato da un caffè. I politici accusati non subirono alcun processo.

– Venerdì 12 dicembre 1969. Nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano fu fatto esplodere un ordigno di elevata potenza. Diciassette morti e settantotto feriti. In quello stesso giorno ci furono altri quattro attentati dinamitardi tra Roma (16 feriti) e Milano.
Il contesto: un Governo che, per la presenza dei socialisti, si stava orientando un po’ troppo a sinistra.
I depistaggi iniziarono subito e fecero orientare i sospetti sugli anarchici. In tal senso ci fu anche un’offensiva mediatica di alcuni giornali. Fu fatta trovare persino una cassetta-ordigno con un bel cartello anarchico sopra. Senza uno straccio di prova (anzi con testimonianze che lo scagionavano) fu arrestato il ferroviere Giuseppe Pinelli, “colpevole” di aver preparato dei manifesti e di essere andato in questura a chiedere i permessi per le affissioni. Interrogato per tre giorni senza avvocato volò, suicida, fuori dalla finestra della questura.
Pietro Valpreda fu un altro attivista anarchico che venne arrestato e subì un forte linciaggio dai giornali che lo presentarono come «il mostro di piazza Fontana». Anche il giornalista Bruno Vespa, in diretta dal TG1, lo presentò come il «vero» e sicuro colpevole. Dopo 18 anni, nel 1987, la Cassazione ne stabilì l’assoluzione (già assolto in appello, peraltro). Quindi chi fu? Le indagini si orientarono esponenti di Gladio e Ordine Nuovo, un movimento eversivo di estrema destra fondato da Pino Rauti del Movimento Sociale Italiano. Gli ideali di ON erano il mito dell’Europa e le teorie di Julius Evola, che contrario alla democrazia sosteneva che esistessero caste di individui destinati al potere e uomini sudditi destinati a ubbidire. Credeva nel mito della razza, del sangue e dell’elite spirituale. Un bel programma, insomma. Rauti, invece, predicava “la rivoluzione che tutto doveva distruggere per tutto ricostruire” e rivolgeva la propaganda principalmente alle forza armate e di polizia. Molti dei dirigenti di Ordine Nuovo erano in diretto contatto con ufficiali dei servizi segreti e con funzionari di polizia. No comment.
Tra gli ordinovisti ci furono anhe Freda e Ventura. La loro linea era, tanto per dire, “colpire centri nevralgici in luoghi chiusi con effetti di particolare intensità senza alcuna preoccupazione per la salvaguardia della vita umana”. Testuale.
Il capo militare era Pierluigi Concutelli, uccisore per conto terzi di persone che stavano per collaborare sull’altra strage di Piazza della Loggia e assassino del magistrato Occorsio nel momento in cui questi stava penetrando nei santuari dell’eversione e della loggia massonica di Gelli, con tutti gli annessi e connessi al potere politico.
Gli attentati erano ideati per per stabilizzare il sistema politico esistente precludendo qualunque nuova esperienza di governo, spingendo i cittadini a rifiutare i governi di centro sinistra e a reclamare governi “forti” e misure emergenziali. Questa cosa del “governo forte” vi dice nulla?
Il quadro politico che metteva in allarme i conservatori in Italia e negli USA erano: il governo Moro (con DC, PSI, PSDI, e PRI) nel 1966, l’elezione di Sandro Pertini, socialista di sinistra alla Presidenza della Camera, l’egemonia nel PSI di Pietro Nenni, storico alleato del PCI e l’allontanamento dei comunisti italiani da Mosca ad opera di Berlinguer promotore dell’eurocomunismo.

– Sabato 2 agosto 1980. La strage di Bologna. 85 morti e 200 feriti, il più vasto eccidio nella storia della nostra Repubblica. Venticinque chili di esplosivo proveniente da scaricamento di proiettili di artiglieria. E chi dispone di artiglieria? In quasi tutte le stragi “nere”, si scoprirà, sarebbe stato usato esplosivo avente la stessa natura di quello facente parte dei depositi di armi e esplosivi a disposizione della Gladio.
Come tutte le stragi indiscriminate è avvenuta in coincidenza con la nascita di governi di centrosinistra o progressisti. In questo caso si stava preparando un esecutivo sotto la guida di Forlani che avrebbe portato alla sostituzione di Cossiga e Andreotti (toh!).
Anche in questo caso furono creati delle false prove per complicare le indagini: in questo caso il depistaggio fu opera dei generali Santovito e Musumeci, capo e vice dei servizi segreti (affiliati alla P2) e altri militari e massoni.
Condannati: Valerio Fioravanti (neofascista) a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi di reclusione. Dopo aver scontato 26 anni, nell’aprile del 2009, è tornato a essere un uomo libero
Francesca Mambro (neofascista) 9 ergastoli, 84 anni e 8 mesi di reclusione, con pena però estinta nel 2013.
Luigi Ciavardini (neofascista, minorenne all’epoca dei fatti): 30 anni per Bologna + altri 23 per un paio di omicidi. Dal 2009 è in semilibertà.

Questa linea di sangue che ha attraversato l’Italia negli anni a venire era dunque una linea nera, di manovalanza fascista ma di mente più elevata, riferibile ad un governo mondiale invisibile che interferiva con ogni mezzo nella vita politica di vari Paesi, tra cui l’Italia.
NATO, CIA e sue estensioni (massoneria P2, Gladio), gruppo Bildergerg e ADA (American for Democratic Action).
Gladio, in particolare, era un’organizzazione paramilitare clandestina che utilizzava persone legate al passato regime fascista, coordinata per molti anni da Cossiga.
Era un’estensione dei servizi segreti italiani che dipendevano dallo stato maggiore della Difesa.
Al di sopra dei servizi italiani c’era la CIA, con sede presso l’ambasciata USA.
Al di sopra di tutti c’era l’ambasciatore statunitense che prendeva ordini direttamente dal Segretario di Stato americano.

Bombe nelle piazze, stragi sui treni: tutto faceva parte della progressione che doveva portare allo stato di emergenza e a un eventuale colpo di Stato militare (di cui ci sono stati vari preludi)
Alcuni nomi sono ricorrenti in queste indagini: Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Licio Gelli più vari generali delle forze armate, comandanti dei servizi segreti, dirigenti di polizia, politici di destra e anche magistrati aggiustasentenze (in genere tutti affiliati alla P2). Più recentemente appaiono Silvio Berlusconi (tessera P2 n°1816), Marcello Dell’Utri e Cosa Nostra che da struttura parassita della società si trasforma in una entità economico-terroristica e riceve fiumi di denaro da quello che poi divenne un Presidente del Consiglio che influenzò un ventennio di politica italiana.
Ma anche tra le vittime ci sono nomi conosciuti ma lasciati soli dallo Stato e il motivo della loro uccisione fu l’essersi avvicinati troppo a scomode verità che dovevano restare riservate: il giudice Occorsio, il giornalista Pecorelli, i commissari di Polizia Ninni Cassarà e Boris Giuliano, i magistrati Rocco Chinnici, Guido Galli, Emilio Alessandrini, Cesare Terranova, il generale Dalla Chiesa, il giudice Giovanni Falcone che, ricordiamoci, screditato da lettere anonime cui diede credito anche il sindaco di palermo Leoluca Orlando fu bloccato nelle sue pur meritate nomine in alti organismi della magistratura indovinate da chi?
Dal presidente della Repubblica Cossiga e dal presidente del Consiglio Andreotti.
Proprio Falcone e naturalmente Borsellino è bene ricordarlo non furono ammazzati semplicemente dalla “mafia” ma tramite la mafia. Furono trucidati perchè si avvicinarono pericolosamente a scoperchiare quel calderone di verità inconfessabili dove si intrecciavano (e si intrecciano?) politici di altissimo livello istituzionale, appalti miliardari, imprenditori, guerra non convenzionale al comunismo, ruolo eversivo del governo USA e complicità del Vaticano.
“Borsellino l’ammazzarono loro, non guardate solo a me, guardatevi dentro anche a voi” dichiarava Riina il capo dei capi dall’alto della sfilza di ergastoli che aveva ormai già accumulato. E a chi poteva alludere se non ad apparati dello Stato?
“La verità” canta oggi Vasco Rossi “si imbosca tra le nuvole, rimescola le regole, nessuno sa se viene o se ne va”.
E così accade durante la lettura di questo libro: barlumi, sprazzi di luce che appaiono tra le indagini dei magistrati, le rivelazioni dei pentiti, le perizie dei tecnici offuscate da depistaggi, omertà e figure ambigue che si sono mosse all’ombra dello Stato.
Questo è un libro che gli insegnanti dovrebbero proporre nei Licei e nelle scuole superiori. I nomi che si leggono meriterebbero ricerche e approfondimenti.
On line si trova l’elenco degli iscritti alla P2: è istruttivo andarne a spulciare l’elenco degli appartenenti, non fosse altro che per la curiosità di sapere qualcosa di più sul passato di tante figure che ci capita di vedere sentenziare dai telegiornali.
“La verità è fatale” continua a cantare Vasco.
“La verità fa male”.

Gerardo Capaldo


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