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La lezione di anatomia

di Philip Roth
Non sapevo nulla di questo romanzo e, ammetto, neanche dell’autore, pur conoscendolo, avevo letto nulla. Però per me, fisioterapista, quel titolo attirava terribilmente. E poi la trama! Uno scrittore che si confronta con un misterioso dolore, presumibilmente muscoloscheletrico, che cronicizza imponendosi nella vita del personaggio. Uhm…sono partito con un sacco di aspettative e di possibili diagnosi!
Ironico è ironico: in particolare quando sottopone il suo problema ad una pletora di specialisti e, ovviamente, ognuno ne dà una diversa eziologia.
In questo, purtroppo, mi ricorda taluni pazienti giunti anche alla mia osservazione dopo lunghi peregrinaggi da un professionista all’altro. Il dolore cronico è una brutta bestia e non ha mai una sola causa e non è mai solamente di origine fisica.
Comunque, a parte queste divagazioni da deformazione professionale, ho trovato interessante anche il suo approccio terapeutico auto-assunto a base di vodka, analgesici, marijuana e abbondante sesso non monogamo che non mi sento di prescrivere solo perchè manca una solida base di evidenza scientifica al riguardo…
Intrigante la sua riflessione sul dolore fisico (pain in inglese) che deriva etimologicamente dal latino poena che significa anche punizione. La sua malattia, quindi, sarebbe il castigo derivato dalla sua attività letteraria, parole oscene che “hanno offeso milioni di lettori mandando in collera quelli della sua tribù“.
Vengo così a scoprire che l’etnia cui si riferisce è quella ebraica.
Pare, ma l’ho scoperto dopo, che il tema della ebreità sia un po’ il chiodo fisso di Roth. Per carità, da agnostico praticante, non mi sento offeso dalla sua definizione di Cristo “guaritore vudu dottor Gesù” o la conversione al cristianesimo come un male peggiore dell’adesione all’astrologia. Ognuno è libero di avere le proprie opinioni. No: banalmente quando il suo personaggio si avvita in nevrotiche disquisizioni su Israele, il popolo ebraico, la famiglia d’origine e il senso di appartenenza diventa, per me, irrimediabilmente noioso.
Il romanzo procede così tra sprazzi interessanti o anche divertenti e panegirici di cui non sentivo la mancanza nè provavo interesse.
Ammetto che l’ho terminato quasi per “dovere” e pure il finale mi ha lasciato deluso.
Per molti Roth è un grande autore (proposto più volte per il Nobel) che renderebbe interessante anche la lista della spesa. Con me la scintilla non è scoccata.
Pur sapendo che “La lezione di anatomia ” fa parte di una trilogia me ne guarderò bene per molto tempo di passare altro tempo insieme a lui.

Gerardo Capaldo


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