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Il libro di Joan

di Lidia Yuknavitch –
Ero indeciso se scrivere qualcosa su “Il libro di Joan” di Lidia Yuknavitch, poi però mi son detto che sarebbe servito farlo, perché i messaggi di quest’opera distopica non potevano essere chiusi nel solo cassetto della mia memoria. Ed eccomi qui, dunque.
2049. La Terra, a causa di guerre devastanti e cambiamenti climatici, è andata incontro a un geocataclisma che l’ha resa una «morente palla di fango», «una macchia indistinta color seppia.» Degli umani che sono sopravvissuti e che abitano ancora il pianeta non si sa molto; quelli, privilegiati, che invece scelsero di abbandonare il pianeta abitano su una stazione artificiale fluttuante che orbita attorno alla Terra chiamata CIEL, governata da Jean de Men, prima del disastro occorso, stella dello spettacolo, e, ora, un despota autoritario.
Tutto è cambiato da quando le guerre cessarono e il geocataclisma si verificò. L’uomo che dimora su CIEL non è più come lo conoscevamo, «ha subìto dei drastici cambiamenti nella morfologia»: la pelle è diventata bianca, cerea; il mezzo di comunicazione sono divenute le scarificazione sulla pelle dei propri corpi – gli innesti cutanei – alle quali è affidato il compito di raccontare storie, e allora come ora usate, tali storie, dai potenti e dai dittatori per raccontare quelle che piacciono a loro, quelle che non minano l’ordine costituito.
L’uomo ha anche perso la capacità di riprodursi ed è privo di genere sessuale, in più «il collo, le tempie, le orecchie, gli occhi, sono tutti punti accesso dati che ci permettono di interfacciarci con i mezzi tecnologici»; inoltre, ai fini di un’economia di sopravvivenza, la morte dei membri di CIEL è programmata a cinquant’anni.
Tra le storie che si raccontano su questa stazione orbitale c’è quella di un’esecuzione esemplare: la morte sul rogo di colei che fu ritenuta responsabile della distruzione del mondo, che fu tacciata essere una «ecoterrorista», una nemica di CIEL: Joan di Fango. Ella si dà per morta oramai, o così almeno si dice…
Questo libro è il tentativo di raccontare una contro storia rispetto a quella “ufficiale” proposta dal dittatore di CIEL Jean de Men in cui emerge la verità taciuta dal “regime”, in cui emergono le colpe degli uomini relativamente all’aver distrutto il pianeta, al non aver avuto rispetto di esso, all’aver ciecamente supposto che l’umanità stessa fosse al di sopra di ogni cosa e padrona di quelle stesse cose. La versione di Joan, appunto; “il libro di Joan” vuole suggerirci un’altra prospettiva:

«Essere umani. E se essere umani non volesse dire scoprire, conquistare? Se volesse dire ricongiungerci a ciò di cui siamo fatti?»

Ci sono passaggi meravigliosi in quest’opera che rappresentano al contempo un avvertimento e un’illuminazione, come quello sull’amore, sentimento puro e allo stesso tempo, se male interpretato, promotore di un senso di superiorità:

«Non è che l’amore morì. È che lo raccontammo malamente. Ce la mettemmo tutta per contenerlo e farne qualcosa da possedere e da conservare » «L’amore non ha mai voluto essere meno dell’impulso elettrico e dell’energia della materia, il che non era poco. Il battito cardiaco della Terra o la pulsazione o la corrente tellurica non sono una cosa da poco. Sono l’essenza stessa della vita. La vita nell’universo, cosmica o piccola come l’atomo. Ma noi volevamo che l’amore fosse nostro. Che riguardasse solo noi. Che esistesse solo per noi. Lo immiserimmo facendone una questione privata, così da porci al di sopra di tutti gli altri esseri viventi. Rendemmo l’amore una parola, poi una storia, e infine un motivo per avere più a cuore noi stessi che qualsiasi altra cosa sul pianeta. I motivi del nostro amore sono più importanti dei motivi di qualsiasi altra cosa.»

“Il libro di Joan” è un’opera che suggerisce una rivoluzione a più livelli attraverso le uniche «due cose [che] hanno avuto sempre la capacità d’infrangere l’egemonia: l’arte e i corpi»: una rivoluzione nel rapporto tra l’uomo e il pianeta che abita – una rivoluzione “ecologista” –; una rivoluzione nel rapporto tra ricchi e poveri, tra classi – una rivoluzione “sociale” –; una rivoluzione nel rapporto che l’uomo ha con i generi sessuali – una rivoluzione “identitaria” – e infine una rivoluzione contro il machismo e il maschilismo – una rivoluzione “femminista”.
Nonostante in alcuni punti possa essere “difficile” seguire la storia di Joan, questo libro l’ho trovato davvero straordinario, perché è in grado di mettere ogni cosa nella giusta prospettiva, è in grado di dare a ogni cosa la giusta proporzione nel quadro generale. Non è forse qualcosa di cui abbiamo una stringente necessità attualmente?
Insomma, vi suggerisco di dare a questo libro una chance…
La traduttrice è Laura Noulian.

Matteo Celeste

Il libro di Joan
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"Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine" Collaboratore di Booklandia