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Il condor

di Christopher Isherwood –
Il libro del quale lascerò qualche mia impressione è “Il Condor” di Christopher Isherwood. È un Isherwood che si presenta in una veste che in parte richiama quella assunta a Berlino negli anni ’30, quella cioè di acuto osservatore, ma con una novità: qui l’autore di “Addio a Berlino” è un viaggiatore, e il suo libro assume le fattezze di un vero e proprio diario di viaggio.  
Nel 1947 Isherwood parte, insieme a Bill Caskey, un suo amico fotografo, dalla costa del New Jersey per intraprendere un lungo viaggio dalla durata altrettanto lunga verso il Sud America, toccando il Venezuela, la Colombia, l’Ecuador, il Perù, la Bolivia e l’Argentina.
Questo viaggio, che Christopher ci ha permesso di percorrere insieme a lui in “differita”, se così si può dire, in un tempo diverso e stando comodamente seduti sul proprio divano, è stato davvero emozionante, e, finalmente, per nulla “buono”, cioè raccontato con i modi sempre positivi, entusiastici, ovattati, immacolati verso cui può tendere un resoconto di viaggio troppo buono, appunto. 
La seconda di copertina chiarisce meglio di quanto possa fare io ciò che è questo libro e ciò che, in ultima analisi, ho esperito leggendolo: 

“Di giorno in giorno, nelle pagine del suo diario, Christopher Isherwood ci dice con immediatezza molte cose: paesaggi, uomini, costumi, stranezze e la vita dei ricchi o quella misera degli indios… Tutto è raccontato col tono della confidenza amichevole, senza una nota più alta del necessario, senza nessun compiacimento. A poco a poco il viaggio di Isherwood, per merito della sua prosa, diventa un «nostro» viaggio.”

Il volume è corredato da alcune fotografie, molto piacevoli. 
La mia edizione ha un’unica pecca: giacché è del 1961, la traduzione risente di un italiano un po’ “vecchio”; a mio avviso, se non fosse stato già fatto, sarebbe opportuno svecchiarla. 
In definitiva, lo consiglio, anche se non è certo all’altezza di altre opere di Isherwood, come ad esempio “Un uomo solo”: trovo sempre molto avvincente leggere libri di questo tipo, e, sebbene sia datato, trovo altrettanto interessante, se le occasioni lo permettono, osservare quali cose nella realtà sono diverse da quanto vennero descritte nel libro e quali no.   La traduttrice è Elsa Petitti.

Matteo Celeste

Il condor

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"Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine" Collaboratore di Booklandia