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Fabrizio De André in concerto

di Franco Zanetti e Claudio Sassi

Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è un segreto in banca
quello che non ho sono le tue pistole
per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole
“…

Quello che ho, invece, è una figlia di 9 anni, genovese, che oltre ad amare il pesto che le prepara la nonna si è innamorata delle canzoni di Faber e, a forza di sentirle, ne sta imparando a memoria i testi. Questo volume, dunque, capita a fagiolo per permettermi di snocciolare di tanto in tanto qualche curiosità e qualche aneddoto sulla vita del celebre cantautore permettendomi di fare bella figura agli occhi della piccola fan mettendo una seria ipoteca per il suo premio “babbo dell’anno”, onorificenza cui tengo particolarmente.
Gli autori hanno compiuto una rara indagine sul Fabrizio De André in scena, partendo dalla sua proverbiale “paura del palcoscenico” per raccontare le sue otto tournées e le avventure buffe, strane, curiose accadute in venti e più anni. Una ricerca precisa e appassionata, basata sui resoconti dei giornali dell’epoca e soprattutto sulle memorie dei musicisti che hanno accompagnato Faber in scena. Ci sono le ombre, che tutti gli uomini hanno, nel suo caso la dipendenza dall’alcol e dal tabacco, la cronica insoddisfazione del perfezionista e un carattere spigoloso.
E ci sono le luci: la generosità, una grande capacità musicale, una sensibilità poetica, la voglia di indignarsi e protestare, condizioni che lui riteneva irrinunciabili per non giocarsi la democrazia.
Un uomo che poteva radunare migliaia di persone per assistere ad un suo spettacolo ma che sapeva godere della solitudine, condizione che “provoca disagio solo a coloro che non sono in grado di stare soli tenendosi compagnia con se stessi, persone caratterialmente spaventate anche da quello che considerano uno stretto parente della solitudine, cioè il silenzio“. La quiete, come sappiamo, De André se la andò a cercare in Sardegna dove, tra l’altro subì un sequestro di persona insieme alla compagna Dori Ghezzi. Un’esperienza che inevitabilmente lo segnò.
Un libro che per essere meglio apprezzato conviene leggere con in sottofondo le splendide musiche di Faber, magari come piace a me con gli arrangiamenti della PFM, ascoltando canzoni che nulla vieta di definire “poesie”.

Gerardo Capaldo


Fabrizio De Andrè – intervista (1984)


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