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David Golder

di Irène Némirovsky –
Il denaro è lo sterco del demonio, ma è raro che questa verità possa far breccia nel cuore di chi in mezzo allo sterco sia nato e cresciuto.
Per David Golder, prego notare il “nomen omen”, il denaro è stato il mezzo per abbandonare i degradanti quartieri yiddish della sua infanzia, per approdare agli agi di Parigi e alle calde spiagge di Biarritz, per creare e mantenere un’onerosa famiglia che è vanto sociale più che destinataria di affetti. Golder non nutre molte illusioni sui motivi che inducono chi gli sta accanto a stargli accanto, ma certamente non può prevedere le conseguenze che gli verranno dal cinismo con cui liquiderà il suo socio di lungo corso, fino ad arrivare a sentirsi dire: “L’unico buon affare è prendere il proprio denaro, convertirlo in beni sicuri… sedercisi sopra e covarlo come una vecchia chioccia…
La scrittura della Némirovsky non è ancora quella stilisticamente perfetta della maturità, ma il suo pennino già è preciso come forbice nel ritagliare figure che paiono così caricaturali da tornare a umanizzarsi per iperbole. Chissà se Irène aveva messo in preventivo le feroci accuse di antisemitismo, così tragicamente ridicole per una giovane donna destinata a concludere la sua esistenza terrena nella mattanza di Auschwitz, condannata a morte proprio dalle origini ebraiche così ferocemente stigmatizzate in Golder.
Il senso del ridicolo evidentemente non apparteneva ai suoi tempi, perché accusare questo romanzo di antisemitismo significa, da un lato, ignorare gli elementi autobiografici che sono preponderanti nel libro, in particolare il riferimento alla algida madre, e dall’altro, sarebbe come accusare Tolstoj di avversione per i russi, per aver messo in evidenza la grettezza, e la meschinità, di quelli che accompagnano Ivan Il’ič a sepoltura.
E proprio gli echi del capolavoro di Lev risuonano limpidi in questo romanzo: la forza dirompente del destino che vanifica l’umana ascesa, la caduta che assurge a paradigma della nostra condizione più che riferimento storico o sociale.
Un breve viaggio narrativo, e un lungo percorso esistenziale, per giungere a quel paralizzante finale che evidenzia l’impossibilità di trasmettere l’esperienza di vita a chi è destinato a prendere il nostro posto, e che ai lettori più attenti non potrà non richiamare alla memoria un capolavoro della narrativa italiana che ha per ultimo fondale un desolato Deserto, invece del mare agitato che fa da contrappunto alla rassegnata serenità di David Golder.
I capolavori nascono dal dolore, personale e universale e, purtroppo, il dolore si trascinano dietro, ma non per questo li amiamo di meno… anzi!

Riccardo Gavioso


David Golder  di Irène Némirovsky
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“Le maggioranze mi fanno orrore. Prima o poi diventano sempre minacciose” Collaboratore di Booklandia