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Buonanotte, Signor Lenin

di Tiziano Terzani –
Buongiorno a tutti, un libro che inizia con la buonanotte dovrebbe essere recensito da mezzanotte in poi ma per motivi lavorativi mi tocca presentarvelo poco dopo mezzogiorno; vi chiedo gentilmente di non lapidarmi solo per un piccolo disguido temporale e cercherò di tenere un tono soft e molto notturno tipo i programmi RAI delle 4 del mattino.
Tiziano Terzani – “Buonanotte, Signor Lenin“.
Terzani non ha bisogno di preamboli o presentazioni elaborate perchè già il nome basta da sé e il giornalista/scrittore è ampiamente conosciuto dalla gran parte dei lettori abituali. Il libro segna la conclusione naturale di un percorso conoscitivo che ho iniziato qualche mese attraverso un libro di Erika Fatland (LA FRONTIERA), prestatomi da un amico, che mi ha aperto le porte su una zona geografica del mondo che da tempo mi incuriosiva e mi attirava ma della quale non riuscivo a trovare notizie esaurienti.
Seguendo i consigli editoriali della giornalista/viaggiatrice norvegese ho potuto colmare una mia grossa lacuna su una delle zone più impenetrabili dell’ex mondo sovietico….l’Asia centrale! .. e di riflesso anche sulla storia dell’espansione russa (e poi sovietica) in quell’area e nel Caucaso. 
La Fatland, Hopkirk e Terzani riescono a coprire abbastanza ampiamente storia, geografia ed etnologia di quei territori attraversati dalla Via della Seta e da tutto ciò che ci sta attorno. Terzani nel 1990/91 si trova a viaggiare lungo la frontiera russo-cinese segnata dal fiume Amur, un fiume lungo oltre 4000 km che per 2/3 segna il limes fra le due superpotenze comuniste dell’epoca e tra due mondi completamente differenti che interpretano la stessa ideologia e la stessa dittatura di partito andando in direzioni completamente opposte e si guardano in cagnesco arrivando anche a scambiarsi seriamente delle belle e poco amichevoli cannonate.
Il confine deriva dai cosiddetti Patti Ineguali di metà ‘800 che hanno consegnato agli zar un territorio grande come l’Italia (300.000 kmq) e gli hanno permesso di arrivare fino all’Oceano Pacifico fino a fondare Vladivostok. Un confine che ha diviso terre ricche di risorse e popolazioni che nulla avevano in comune con i russi conquistatori ma molto più affini ai vicini cinesi e manciuriani. Un confine segnato da un fiume che sembra in realtà dividere due pianeti….da una parte i bianchi russi e dall’altra parte i gialli, cinesi, coreani e giapponesi con la contestata Sakhalin e le isole Ryukyu. Durante quel viaggio nelle desolazioni dell’Estremo Oriente Russo arriva una notizia che sconvolge ogni certezza del giornalista….c’è stato un colpo di stato a Mosca e Gorbaciov, il padre della Perestroika è confinato in una dacia in Ucraina mentre i golpisti cercano di fermare la valanga che sta distruggendo l’Unione Sovietica e sta disintegrando quello che una volta era un impero. Terzani cerca di lasciare l’allegra compagnia russo-cinese in gita sul fiume per volare in qualche modo verso il centro della catastrofe e avere notizie di prima mano ma rimane invischiato nella melassa del sistema sovietico e decide di terminare il viaggio mentre armeggia per ottenere i visti per poter compiere la traversata delle nascenti repubbliche indipendenti che sorgono via via che le forze centrifughe distruggono l’unione. Così ci riporta prima di tutto il clima tetro dei luoghi che visita; la Siberia (la Terra che Dorme) non è mai stata una terra di colonizzazione felice ma è sempre stata usata come discarica per un’umanità deportata e svilita di ogni dignità e spesso defraudata anche della vita in terrificanti luoghi di dolore chiamati Gulag. Le sue città sono sorte sulle ceneri dei campi di lavoro forzato da persone superstiti che non avevano più un’identità e un luogo dove tornare se non quello dove avevano sputato l’anima in nome dell’ideologia. Dopo aver descritto quell’inferno riesce finalmente a partire ma non senza averci raccontato piccoli quadri di vita e cultura ai tempi dei soviet fra luoghi scadenti, monumenti decadenti e persone ormai naufragate e senza speranze in posti dove le notizie arrivano costantemente con uno sfasamento di mesi; e quindi tutto procede come se nulla fosse, Mosca con il suo golpe è lontana anni luce.
La partenza lo catapulta nella realtà distopica delle nuove repubbliche fra tensioni sociali, contrasti etnici, religiosi e territoriali fra nazioni che non esistevano nemmeno sulla carta e confini disegnati arbitrariamente da chi voleva solamente alimentare questi contrasti per continuare a governare con molto bastone e poche carote. Un governo coloniale tutti gli effetti che aveva schiavizzato popolazioni intere e le aveva asservite in maniera subdola e crudele. Il Turkestan medievale non esiste più e i suoi eredi sono lontanissimi da qualsiasi idea di ricostituzione di quell’idea perchè gli interessi dei satrapi locali sono decisamente preponderanti rispetto a tutto il resto e pensano solo a conservare il potere cambiando pelle e nome in maniera gattopardesca.
Dal Turkestan al Caucaso la musica non cambia e, andando verso il centro, diventa molto più forte, soprattutto dove è più sentito l’attrito fra l’islam e il cristianesimo, quello ortodosso georgiano e in maniera ancora più acuta con quello cattolico armeno. Terzani non fa mistero delle sue paure nei riguardi dell’islam radicale e teme un suo veloce radicamento in terre da cui sembrava essere stato scacciato per sempre in nome dell’ateismo di stato ma dalle quali non era mai del tutto scomparso sebbene ostacolato e statalizzato. Mentre finalmente raggiunge Mosca il golpe è stato sventato e Gorbaciov è ritornato in sella ma solamente per dichiarare che l’URSS non esiste più e che siamo di fronte ad un mondo completamente nuovo e sconosciuto i cui destini non sono ancora stati scritti ma dove è già da tempo cominciato a scorrere il sangue che era stato tamponato da molto tempo dagli zar e dai segretari di partito attraverso purghe e pogrom (che ne avevano cavato parecchio ma per motivi diversi).
Tutto si conclude paradossalmente sulla Piazza Rossa di fronte alla mummia di Lenin, mentre lui dorme il suo disegno crolla e, come il ritratto di Dorian Gray, anche il suo simulacro piano piano diventa nulla…
Un parallelo personale su uno sport tornato di stretta attualità: nell’URSS in sfaldamento va di moda demolire i monumenti al passato regime come la stessa furia iconoclasta è tornata di stretta attualità, in questi giorni, in America e in Europa. Non è una novità moderna prendersela con i simboli, specialmente dopo la caduta dei singoli ma ne deriva da un’abitudine umana ben radicata; quando un potere crolla i primi a farne le spese sono spesso i monumenti e in contemporanea anche i vivi. Ricordiamo la “Damnatio memoriæ” dei romani  quando cancellavano persino le scritte più minute riguardanti il condannato con conseguente incamerazione dei suoi beni e sterminio della sua famiglia dopo l’esilio o il “suicidio di stato”. La furia iconoclasta delle guerre di religione fra cristiani sempre nell’Impero Romano e poi in quello Bizantino fino alle riforme protestanti del ‘500, la totale allergia alle immagini dell’islam e alle distruzioni dei simboli fascisti in Italia al termine della Seconda Guerra Mondiale….e mille altri esempi.
Mentre i mille Lenin crollavano assieme all’impero si stava ripetendo per l’ennesima volta un rito apotropaico comune a tutti gli uomini che è stato rinnovato anche in questi giorni….cancellare la memoria del passato per convincere che il nuovo è meglio e per eliminare ogni traccia di chi pensa che forse qualcosa si poteva salvare; anche i sovietici per 70 anni avevano cercato di cancellare identità e simboli del passato ma la cenere ha ripreso vita appena è soffiato un vento nuovo in un eterno loop della storia umana.

Ste Dussoni

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"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza" Collaboratore di Booklandia.