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Amore colpevole

di Sof’ja Tolstaja –

Ancora un diario, mi irrita riprendere una di quelle abitudini, che volevo abbandonare sposandomi. Prima mi succedeva di scriverlo quando c’era qualcosa che non andava e adesso, probabilmente, è lo stesso. Ho trascorso queste due settimane con lui, mio marito, in semplicità di rapporti, era tutto facile, perché era lui il mio diario, non avevo nulla da nascondergli. Invece da ieri, quando mi ha detto che non crede nel mio amore, sono veramente sconvolta. Eppure so perché non crede: penso sia per il fatto che io non sono capace né di raccontare né di scrivere quello che penso.”

Non dev’essere facile vivere accanto a un mostro sacro della letteratura mondiale, specialmente quando questo risponde al nome di Lev Nikolàevič Tolstòj. E soprattutto non dev’essere facile avere aspirazioni letterarie o quantomeno il desiderio di mettere in forma scritta pensieri, emozioni, storie che affiorano dal profondo.
Amore colpevole non è propriamente un diario, è un romanzo con forti accenti autobiografici scritto dalla moglie del grande autore russo in risposta alla più famosa Sonata a Kreutzer, nella cui postfazione lo stesso Tolstoj ebbe a scrivere:

«Dovrebbe venire modificato il giudizio che si ha dell’amore carnale, in modo che uomini e donne vengano educati in famiglia e in società a non considerare, sia prima che dopo le nozze, l’amore e il rapporto carnale ad esso collegato quale condizione sublime e poetica, come si fa adesso, bensì quale condizione bestiale, umiliante per l’individuo».

Amore colpevole è dunque un romanzo che Sof’ja Tolstaja ha lasciato fra le sue carte affinché qualcuno potesse dare alle stampe la sua voce e che venne pubblicato soltanto diciassette anni dopo la morte dell’autrice, narra di una donna, la protagonista della vicenda, totalmente votata all’amore nei confronti di un uomo molto più in là negli anni di lei, che la sovrasta in tutto, dal punto di vista culturale e carismatico ma del tutto incapace di cogliere lo slancio e comprendere quella dedizione offertagli dalla sua compagna, roso com’è da una gelosia ingiustificata e da un’assoluta freddezza nei confronti dei figli nati dalla loro unione.
In questi tratti si trovano molti elementi comuni fra la storia narrata e la vita di Sof’ja Tolstaja, una vita travagliata la sua che si può intuire nella breve autobiografia pubblicata in appendice al volume dove l’autrice denuncia le difficoltà di rapporto vissute accanto al marito ma anche e soprattutto i soprusi subiti ad opera delle persone a suo dire in mala fede, che attorniavano il grande autore russo.
A un primo sguardo questo romanzo potrebbe sembrare una banale storia d’amore non corrisposto fra due persone che non riescono a incontrarsi sul piano dei sentimenti ma leggendo di seguito l’autobiografia in appendice, si riscontrano le similitudini e i tormenti di questa donna, la cui unica colpa sembra essere stata quella di aver amato un grande uomo.
È una figura controversa, quella della Tolstaja, e più di un biografo di Tolstoj ne ha tracciato un ritratto non proprio lusinghiero. Queste ad esempio le parole di Victor Lebrun ex segretario di Tolstoj:

«Il male che quella donna fece al marito e all’umanità è incalcolabile. Era insistente, senza alcuna pietà, e niente la fermava nei suoi mezzi di attacco. […] per difetti innati era incapace d’essere, secondo l’espressione di Gogol’, «la guardia dell’anima di suo marito», come lo fu ad esempio la moglie di Gandhi […]. Mentre il marito lottava da solo contro i potenti delle terra, la contessa Sofia non si stancava mai di minacciarlo puntandogli il pugnale alla schiena.»

In seguito la figura di Sof’ja Tolstaja è stata in qualche modo rivalutata se non risarcita delle colpe che le furono attribuite. Ecco come Simone De Beauvoir giudica il dramma vissuto dall’autrice:

«Che abbia avuto torto o ragione non cambia nulla all’orrore della sua situazione: per tutta la vita non ha fatto che subire, in mezzo a recriminazioni continue gli amplessi coniugali, la maternità, la solitudine, il modo di vivere che il marito le imponeva. […] non aveva alcuna ragione positiva di far tacere i suoi sentimenti di rivolta e nessun mezzo efficace per esprimerli.»

Leggendo questo romanzo, penso sia impossibile non provare una certa empatia per una donna che ha passato la vita cercando di tenere insieme un mondo, il suo mondo formato da un grande nucleo familiare, assolvendo il compito di partorire numerosi figli, assistere alle loro sofferenze e alla morte di alcuni di loro, assecondare i cambiamenti di umore e di stili di vita di un uomo sempre compreso nella sua inquietudine di scrittore e filosofo, proiettato nel tentativo di mettere in pratica quegli assunti morali che egli andava teorizzando e così contrari allo svolgersi di un ménage familiare tradizionalmente inteso.
Verrebbe da dire che forse in fondo, questa donna non desiderava altro che condurre la sua vita accanto all’uomo che amava.

Roberto Maestri

Amore colpevole
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"Leggendo cerco me stesso". Collaboratore di Booklandia